Un sorso di cultura

Psyco mappe. Due viandanti persi tra arte e delitti milanesi

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«Quando si arriva davanti all’ingresso della sagrestia di Sant’Ambrogio, scostata a sinistra, c’è un’anonima e incongrua colonna romana, sulla quale sembra che il diavolo sia andato a sbattere la testa, anzi le corna.
E c’è chi sostiene che da allora, tra la città della Madonnina e gli inferi ci sia un canale diretto di comunicazione…».

Metti un criminologo-scrittore, Luca Steffenoni, da sempre attratto dal lato oscuro della città. E metti una storica dell’arte, Manuela Alessandra Filippi, che di Milano coglie la grande bellezza, artistica e storica.

Prendi un milanese un po’ cinico che si occupa di delitti e mettilo insieme ad una globtrotter solare che dell’arte ha fatto un mestiere.

Metti un uomo e una donna. Ne nasce un libro Psyco mappe. Due viandanti persi tra arte e delitti milanesi (ed. Adagio), nel quale gli autori, dialogando tra loro, cercano di dare un volto a questa città.

Come dire: il bello e il brutto, yin e yang, maschile e femminile, luce ed ombra, due punti di vista che si alternano e spesso polemizzano con disincantato humor o, se preferite, due emuli della Strana coppia, che battibeccano nel tentativo di raccontare Milano a modo loro.

Contaminazione è la parola d’ordine.
Storie di vita e di morte che si snodano per le trafficate strade della metropoli lombarda in un Hellzapoppin di umanità e di lasciti artistici.
Un percorso narrativo che si snoda dal centro cittadino all’insegna del casuale. Perché arte e delitto condividono soprattutto questo aspetto. Sono anarchici per definizione.

Il crimine colpisce senza ritegno nei palazzi della borghesia, s’infiltra nel sottosuolo dei quartieri popolari per poi emergere inaspettatamente a qualche chilometro di distanza, in un parco, presso un distributore di benzina, in un parcheggio. Se ne frega allegramente delle buone maniere e del tempo che passa, menando fendenti nel via vai di carrozze ottocentesche, girovagando in mezzo ai sogni della ricostruzione come nei cortei post sessantottini per approdare, infine, nella stanca metropoli del presente. Nessun rispetto per la storia, per la cronologia, per l’ordine costituito.
L’arte, da parte sua, vive e sopravvive dove può, edificando sé stessa su fondamenta altrui, resistendo con tenacia ai saccheggi degli assedi, alle bombe belliche, ai famelici interessi di palazzinari senza scrupoli, all’incompetenza di amministratori senza cultura, all’indifferenza dei più. E così arte e delitto si ritrovano spesso fianco a fianco, nella loro solitudine.

A pochi metri di distanza convivono grandi tragedie e sontuose esperienze culturali. Prendi, per esempio il Palazzo degli Omenoni, che condensa nella sua storia la volontà del bello, la pazzia, il delitto. Oppure Palazzo Marino, teatro di vicende che non hanno nulla da invidiare ad uno sceneggiato noir. O ancora il settecentesco Palazzo Belgioioso, al cui interno fu trovato il cadavere di Raul Gardini, le dark lady di via Montenapoleone, gli spari di De Fabritis all’ingresso della Scala, il chiostro dei misteri all’Università Cattolica…

T­utta la città è un’immensa stratificazione di sangue, arte e cemento. Vicende di amore e di morte, che vale la pena raccontare, come fanno gli autori, durante una passeggiata, muniti di comode scarpe e pochi stereotipi culturali.
Negli anfratti delle mille storie raccolte nelle Psyco mappe, c’è anche spazio per ricordare personaggi e luoghi che hanno contribuito alla loro maniera a quel underground urbano al quale tutti ci abbeveriamo. Chi si ricorda di CT, al secolo Carlo Torrighelli, il surreale primo writer cittadino, che negli anni 70 lanciò i suoi proclami dipingendo scritte sui marciapiedi del centro? E chi ha mai visitato la fantastica wunderkammer del bric-à-brac voluta da Emilio Mangini, mecenate, campione di off-shore, autore di commedie e instancabile collezionista di 3700 pezzi, tra cui armature, giochi, orologi, bastoni, abiti d’epoca, ceramiche, oggetti di culto e lanterne magiche, lasciato in eredità ai milanesi?
Un libro su Milano ma non solo. La metropoli lombarda, infatti, fa da sfondo ad un caleidoscopio di vicende volutamente mescolate, ad una jam session d’umanità che fornisce una lente d’ingrandimento attraverso la quale è possibile osservare le nevrosi e le contraddizioni comuni ad ogni grande città.

» Guarda l’intervista agli autori su YouTube

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